Stefano Braghin, Women's Team Director della Juventus (foto juventus.com)

Stefano Braghin spiega la partnership tra Juventus Women e Pink Bari

Il calcio femminile in sud Italia è ancora in fase di sviluppo rispetto al nord. Le società del mezzogiorno che si sono affacciate negli ultimi anni alla massima serie non lo hanno mai fatto attraverso i club professionistici maschili. Una delle società più rappresentative del calcio in rosa meridionale è sicuramente la Pink Bari. La prima squadra biancorossa è retrocessa nel 2021 e dopo un campionato di Serie B ha ceduto il proprio posto in cadetteria alla Ternana. Nasce invece ora una partnership tra il club pugliese e la Juventus Women.

La Pink Bari potrà usufruire del metodo Juventus, così come spiegato in un comunicato della società bianconera: ‘Il metodo comprende sia l’insegnamento e lo sviluppo delle abilità calcistiche sia la formazione educativa, portando così le bambine a diventare delle giovani ragazze, partendo dall’introduzione al gioco fino alla maturità, non solo fisica. A partire dall’aspetto ricreativo e creativo del gioco del calcio, le giocatrici sono coinvolte in attività studiate allo scopo di favorire il loro sviluppo a tutto tondo. Le attività sono basate sul rispetto del benessere fisico e mentale delle giovani per poterle rendere, appunto, indipendenti’.

Le parole di Stefano Braghin

Della partnership ha parlato il Women’s Teams Director, Stefano Braghin: “Abbiamo deciso di aprire il nostro club a tutto quel mondo del calcio femminile del Sud che purtroppo non ha le opportunità che ci sono in altre zone per dare la possibilità alle ragazze non solo di fare calcio ma di farlo in un contesto organizzato come quello della Juve. Abbiamo il piacere di avere un avamposto della nostra attività giovanile al Sud, dando la possibilità alle ragazze della Pink Bari di avere una proposta calcistica di livello. Attraverso Juventus potranno crescere con una metodologia che a noi ha dato buoni risultati, in quella zona ci sono oggettivamente delle difficoltà per le bambine che si avvicinano a questo sport”.

“Si è parlato molto della crescita del calcio femminile, di professionismo che è stato raggiunto tra molte luci e alcune ombre di sostenibilità. Il professionismo porta molti diritti, consente alle calciatrici finalmente di essere riconosciute nella loro professione. Siamo l’unico sport in Italia professionistico, ma il carico per le società è notevole da un punto di vista dei costi. Bisognerà lavorare molto bene perché il movimento diventi appetibile e attiri investitori. Si parla anche di Nazionale e Champions League. Juventus e Roma in questo momento stanno avendo buoni risultati, ma non dobbiamo dimenticare che tutto questo parte dal reclutamento”.

“Siamo un Paese giovane, bisogna fare in modo che le bambine giochino a calcio in un contesto serio come quello di Bari e con delle metodologie provate come quelle della Juve. I numeri devono crescere, sempre più bambine devono avere la possibilità di giocare. Allora potremo magari competere con quelle Nazionali che oggi hanno dieci, dodici, quindici volte più tesserate di noi. Non tutte devono diventare calciatrici della Nazionale, sappiamo come il calcio possa essere veicolo di riscatto sociale. Non saranno tutte calciatrici, ma sportive che potranno crescere in un ambiente educativo sano e di valori”.

“Vogliamo dare un contributo sociale importante in un momento in cui certi messaggi sono fondamentali per la crescita sportiva del nostro Paese e non è giusto che metà Paese non abbia questa opportunità. Potrà sembrare una goccia nell’oceano, ma io sono convinto che ogni piccolo gesto contribuisca a rendere migliore il nostro mondo. Unire competenze e storia della Pink Bari con metodologia e organizzazione della Juventus Women ci è sembrato un modo affinché anche altri possano seguire questo esempio. Così che le bambine del Sud non debbano guardare le partite in televisione o misurarsi coi maschietti, ma giocare i loro campionati seguendo sogni e passione”.

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