Il calcio e quel problema di genere: “Io, allenatrice non salutata e rispettata dai mister avversari in quanto donna”

In questi giorni, in cui riecheggia (ancora) l’ennesima tragedia che ha coinvolto il nostro Paese, viene spontaneo chiedersi a chi attribuire le responsabilità di un vero e proprio problema sociale, se non addirittura culturale. Tutti siamo colpevoli? Certamente (o forse) no; tutti dobbiamo fare di più? Certamente sì. La violenza nei confronti delle donne, non è solamente di natura fisica, esistono infinite varietà di violenze che possono essere inflitte, a partire da quella verbale. Ma quanto dobbiamo scavare per sradicare le fondamenta che sostengono il castello?

Prendiamo in considerazione il mondo del calcio, che dovrebbe basarsi su valori quali unione, rispetto, equità, inclusività (per fare degli esempi); invece, ci troviamo ad assistere a valori completamente opposti a partire dalle categorie dei più piccini, i quali dovrebbero approcciarsi al pallone imparando sì la competizione, ma soprattutto il rispetto (e il divertimento). In un paese che spende centinaia di commenti negativi sotto un articolo con a tema il calcio femminile, non stupisce incontrare allenatori che non si presentano al proprio avversario, non stringono la mano e non lo prendono in causa in quanto Mister Donna. 

Questa è l’ennesima storia che arriva dai campi dilettantistici piemontesi.  Ai più sembrerà di avere a che fare con la solita retorica “femminista”, in cui l’uomo viene descritto come il male dei mali, vittima di un femminismo in grado di lamentare e condannare l’altra parte. Ma se ogni domenica il trattamento fosse il medesimo? Se ogni domenica, persino l’arbitro casalingo avesse più credito di essere chiamato ‘Mister’, nonostante le vesti di direttore di gara, perché sull’altra panchina c’è una donna e non un uomo? Se ogni domenica, il primo papà a caso avesse più credito di parlare con l’allenatore avversario, perché sull’altra panchina c’è una donna e non un uomo? Se ogni domenica, il dirigente incaricato di preparare il campo avesse più credito nel decidere le modalità di gioco, e le tempistiche della partita, perché sull’altra panchina c’è una donna e non un uomo?

Quanto dobbiamo scavare per sradicare le fondamenta che sostengono il castello? Tanto, poiché alcuni mister, trasmettono ai nostri bambini oggi, che una donna non può allenare; che una donna non può giocare; che una donna non ha voce in capitolo se parliamo di calcio femminile. Dobbiamo fare di più, tutti, perché i bambini di oggi, saranno gli uomini di domani.

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