“Sono incinta e la mia squadra mi ha tolto lo stipendio”: la denuncia di Pignanoli, giocatrice della Lucchese

Maternità e lavoro: a cosa rinunciare? Tra pochi giorni varcheremo le porte dell’anno 2023, ma il gender gap continua a essere un problema all’ordine del giorno. Tuttalpiù le donne che decidono di intraprendere una carriera lavorativa e contemporaneamente desiderare una maternità si trovano dinnanzi a un bivio politico-economico assai controverso. Una società che al tempo stesso accusa le donne del calo delle natalità, ma ostacola la libera scelta di una gravidanza. Insomma, un meccanismo obsoleto in cui le uniche a vivere il giudizio sono le donne. Ogni giorno.

Ed ecco che i media nazionali ripropongono l’ennesimo caso di divario di genere anche nel mondo dello sport: “Sono incinta e la mia squadra mi ha tolto lo stipendio“. La denuncia giunge da Alice Pignagnoli, 34enne portiera di calcio della Lucchese, in Serie C femminile. “A metà ottobre ho scoperto di essere incinta per la seconda volta. L’ho comunicato al manager della Lucchese, Mario Santoro, e mi sono sentita dire che gli impegni presi in estate vanno rispettati: non era più loro intenzione pagarmi ciò che mi spetta”, ha dichiarato la calciatrice alla testata Quotidiano Nazionale.

Dopo quanto successo due anni fa col Cesena, non me lo sarei mai aspettato“, ha sottolineato.  Dal momento che con il Cesena, squadra di serie B con cui giocava nel 2020, aveva rinnovato il contratto al settimo mese di gravidanza. Una forza della natura Pignagnoli, che dopo dopo solo 100 giorni dal parto aveva rimesso i guantoni in campo.

La stessa Pignanoli, incredula, afferma come una donna abbia diritto di lavorare e desiderare una maternità: “Per una donna dovrebbe essere normale sognare di fare la calciatrice e avere una famiglia. Sono incredula, ogni anno ci sono giocatori che si fanno male a lungo: una società dovrebbe essere pronta a tutto“.

Il vincolo contrattuale con la società toscana scadrà nel mese di giugno. La Lucchese dovrà pagare la calciatrice fino al 31 gennaio. A partire da febbraio fino a giugno le spetterà il fondo per la maternità della Federazione. “A giugno partorirò e dal 1° luglio sarò svincolata. Chissà se ci sarà una società che avrà la forza di offrirmi un contratto“, spiega Pignagnoli.

Amareggiata, sì. Ma ancora con la speranza di poter ritornare sul campo. “Sogno un mondo migliore, dove le donne vengano supportate in uno dei compiti più grandi e allo stesso tempo difficili che si trovano ad affrontare: non solo generare la vita, ma non sentirsi “sbagliate” a causa delle loro scelte. Un mondo dove le donne vengano valutate per il loro valore e non per la quantità di figli che hanno o non hanno”.

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