Davide Lanzafame, storia di un predestinato: “Stagione da urlo e gruppo pazzesco! Grazie alla società per la fiducia” – ESCLUSIVA

BORGARO – Franco Battiato raccontava, attraverso uno scambio di battute andato in scena tra un maestro e un allievo, come il senso di ogni cosa passava dall’avvistare l’alba dentro l’imbrunire. In uno dei suoi capolavori, Prospettiva Nevski, il cantante siciliano spiega quanto sia complicato e lascia all’ascoltatore la possibilità di intuire la grandezza del risultato una volta raggiunto. Ebbene, Davide Lanzafame è uno di quei pochi che “l’alba dentro l’imbrunire” è riuscito a vederla. Il tecnico di soli 37 anni centra alla sua prima esperienza in Italia da allenatore il grande traguardo: vincere il campionato di Eccellenza e riportare il Borgaro in Serie D dopo 5 anni di assenza. In esclusiva a Piemonte Sport Lanzafame ha raccontato quella che è stata una cavalcata – specie nel girone di ritorno – incredibile. Ha parlato dell’importanza di avere un gruppo “pazzesco” a disposizione, del suo staff e della vicinanza di suo fratello Giovanni nei momenti belli e brutti. Ha ringraziato più volte la società Borgaro per la fiducia nei suoi confronti, del suo futuro e del momento del calcio dilettantistico italiano.

Buongiorno Davide, innanzitutto complimenti: ma che stagione è stata? 

“Buongiorno a voi! Una stagione indimenticabile. All’inizio ho dovuto conoscere l’ambiente e i ragazzi, ma una volta trovata la quadra non ci siamo più fermati. Siamo stati una squadra compatta, difficile da affrontare. Ho avuto la fortuna di avere dalla mia giocatori di livello, ma soprattutto uniti tra di loro: la differenza l’ha fatta il gruppo. L’unione tra staff e squadra ci ha permesso di raggiungere il nostro obiettivo finale”. 

Prima stagione da allenatore in Italia, la seconda in generale: ti aspettavi di vincere subito un campionato?

“Allora, io sono una persona molto determinata in quello che fa. Specialmente nel calcio. Questo è il mio secondo anno da allenatore, il primo in Italia. Avevo grandi motivazioni e stimoli. Non potevo farmi scappare questa opportunità. I pregiudizi sono sempre dietro l’angolo e inoltre credo e sostengo che quello che hai fatto da calciatore non debba contare. Per me di fatto è stato come un anno zero. Ho cercato di conoscere la categoria, gli avversari e soprattutto di cercare di mettermi nei panni dei ragazzi, che di giorno lavorano e fanno sacrifici. Pertanto ho dovuto rivedere più volte i programmi di allenamento, ma questo non ha cambiato nulla: devo dire che i ragazzi mi hanno dato tanto, tantissimo. Dal punto di vista umano e dei sacrifici, sono stati spettacolari. Poi è chiaro che ci sono state delle tappe durante la stagione che sono state determinanti. Non si vince con il singolo ma con il gruppo. Questo è stato il senso della nostra vittoria”. 

Ripercorrendo il film del campionato, c’è stato un momento chiave?

“Abbiamo fatto un girone di ritorno importante e che ha fatto capire a tutti la nostra forza. Man mano che passavano le partite aumentavano dentro di me le speranze per potercela fare. Le due sconfitte consecutive di inizio anno avevano abbassato un po’ l’entusiasmo, ma ai ragazzi ho detto che nel calcio ci sono sia le salite che le discese: dovevamo solo rialzarci e credere nei nostri mezzi. Così abbiamo fatto. Nessuno ci ha regalato nulla”.

A proposito, hai avuto paura anche solo per un secondo di perdere il campionato all’ultima giornata?

“No, ero tranquillo. Vedevo nei giocatori la fame assoluta di arrivare a questo traguardo. Dopo l’ultima sconfitta contro il Volpiano Pianese ho detto ai ragazzi che tutto sarebbe dipeso da noi. Ero sicuro che questo campionato si poteva vincere. I ragazzi poi hanno fatto il resto, un gruppo pazzesco”. 

Un gruppo “pazzesco” come il tuo staff. Quanto è stato importante tuo fratello Giovanni in questa annata?

“Sì, devo dire che lo staff è stato molto importante in questa stagione. Sicuramente sia Prezzavento che mio fratello Giovanni sono stati importantissimi da un punto di vista emozionale. Mi hanno aiutato nella gestione dei sentimenti e della conoscenza. Barghini e Agostino li ho conosciuti col tempo e il feeling è nato strada facendo. Conoscere due dei quattro dello staff mi ha agevolato. Tutti quanti hanno fatto un bel lavoro”. 

Prossimo anno rimani a Borgaro? 

“Venerdì faremo una grigliata con il presidente e la squadra. Adesso dobbiamo festeggiare quello che abbiamo fatto e che ci siamo guadagnati, ossia il ritorno in Serie D. Sicuramente parlerò con la società perché la priorità va data a loro. Sono riconoscente, mi hanno dato una grande opportunità. Voglio ringraziarli per aver avuto il coraggio di puntare su di me. Mi hanno dato una prima squadra a 37 anni, non era scontato e quindi grazie. Se sono cresciuto come tecnico e persona devo dire grazie a loro, alla società”.

L’ultima e poi ti lascio. Hai avuto la possibilità di giocare e allenare in Italia e in Europa. Qual è lo stato del calcio dilettantistico?

“Se devo essere onesto, a livello di infrastrutture e campi da gioco siamo indietro anni e luce con l’estero. Per quanto riguarda la passione, il calcio è quello: dalla Terza Categoria alla Serie A. Cambiano le competenze e la qualità dei giocatori, ma la passione è la medesima. Se il movimento calcio italiano vuole migliorare deve cominciare ad investire nel mondo dei dilettanti, che sono una netta maggioranza rispetto ai professionisti. Bisogna continuare a lavorare e a mettere persone competenti nelle figure chiave. Questo permetterà ai giovani, che sono il motore di tutto, di migliorare e di conseguenza di far crescere tutto il movimento italiano”. 

(Foto Felice Scimone via Borgaro Nobis)

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