Gli Stati Uniti, la Serie A e poi la storica promozione in B col Freedom: la storia di Maria Grazia Balbi

CUNEO – Non prendiamoci in giro, il nostro paese ha il calcio nelle vene, è radicato nella nostra cultura: lo trovi nei giornali del bar la mattina, è nelle radio durante la coda per arrivare a lavoro, è nei vicoli dei quartieri, è sugli schermi dei nostri salotti ed è persino sulla nostra pelle, quando indossiamo la maglietta del nostro idolo.

Il calcio, per gli italiani, viene vissuto con una passione che difficilmente si ritrova in altri contesti, sostanzialmente: toccateci tutto, ma non il calcio. Eppure, il grande sport nazionale, vive ancora di profondi lati bui, che difficilmente possono giustificare l’agognata passione. La logica suggerisce che, più una qualcosa venga vissuta al punto da divenire culturale, più dovrebbe esserci interesse, cura e preservazione; coefficiente che, in Italia, sembra subire un’inversione di tendenza in negativo, considerando quello che accade realmente nei campi dilettantistici italiani.

A sollevare dubbi su quanto il calcio sia di concreto interesse, è la storia della calciatrice classe ‘95 Maria Grazia Balbi, ex giocatrice del Freedom Fc Women (Cuneo), con la quale Maria ha conquistato la storica promozione in Serie B. Intervenuta ai microfoni di Piemonte Sport, Maria ci racconta la storia della sua carriera, lanciando un grido nei confronti di tutto il movimento femminile: “Ho iniziato a giocare a calcio a scuola, durante il periodo delle medie. Il professore di educazione fisica aveva creato questa piccola squadra con la quale, andando avanti nelle competizioni, ci siamo tolte delle belle soddisfazioni, da lì è iniziata la mia carriera”.

Una carriera, quella di Maria Grazia, fatta di sacrifici dovuti allo studio e agli allenamenti, ma che le hanno valso comunque la massima serie: “Ho esordito per la prima volta in Serie A nella Pink Bari, in cui giocavo come secondo portiere; successivamente, mi sono trasferita nel Pomigliano Femminile, con la quale abbiamo conquistato la storica promozione in Serie A; non avendo più vincoli di studio, ho accettato di fare un’esperienza all’estero, in Austria.”

Insomma, fin qui l’esperienza calcistica di Maria Grazia, è costellata di soddisfazioni, sacrifici e passione; tutti ingredienti utili a scrivere una bella storia di sport, se non fosse che, come anticipato inizialmente, viviamo in un paese in cui la passione per il calcio è per tutti, ma di fatto per pochi: “Vorrei raccontarvi della mia esperienza a Pavia: ho accettato di trasferirmi perché, oltre a esser stata fortemente cercata dalla società durante l’estate, volevo tornare a giocare in una competizione prestigiosa come la Serie B. Nel calcio femminile siamo abituate ai problemi, e di conseguenza a sopportare, andando avanti nonostante le difficoltà; i problemi (soprattutto di natura economica) che ci sono a Pavia, non sono una novità”. 

Maria Grazia, continua: “Ero intenzionata a restare, nonostante le mensilità arretrate, perché la forza della squadra è sempre stata il gruppo. Gli svincoli del mercato invernale scadevano il 14 dicembre, e il 12 mi è stato detto di cercare fortuna verso altri orizzonti, due giorni dopo la mia firma era già su una rescissione consensuale del contratto. E’ successo tutto in modo frettoloso e non avrei voluto lasciare le ragazze nel bel mezzo della stagione. Si tratta anche di una questione di scelte di vita, perché oltre al calcio, ho sempre fatto altro nella mia vita. Se ho dei dispiaceri? Non aver avuto modo di dare spiegazioni alle mie compagne e, inoltre, sono rimasta ferita dal trattamento riservatomi da alcuni membri dello staff.”

Maria Grazia, con il suo racconto, vuole mandare un messaggio a tutte le colleghe che hanno fatto del calcio non solo la passione, ma una ragione di vita. Grazie alle due esperienze estere, Balbi, ha potuto constatare quanto il sistema calcistico italiano, nel femminile, sia ancora molto arretrato: “Ho avuto delle esperienze all’estero: prima a Seattle (Stati Uniti); poi in Austria, e quello che mi ha maggiormente stupito è il rispetto delle figure e delle persone. Sono stata in nazioni in cui non è presente una cultura calcistica, ma vige una cultura di vita: se ti fanno firmare una cosa, la rispettano, sia come persona, sia a livello professionale”.

Insomma: il calcio in Italia, è sicuramente parte della nostra cultura; eppure viene spontaneo chiedersi come mai ci sia poco investimento e disinteresse in quella che, di fatto, è la passione di tutti: passando dal bambino che si cimenta nei suoi primi calci, all’anziano che non perde la fede per la squadra del cuore.

Il calcio che vive nelle nostre strade, nei nostri giornali, e nelle nostre televisioni, lascia lo spazio a strutture inadeguate, campi di sabbia, preparatori non formati e contratti non rispettati. Maria Grazia, a tal proposito, lancia un grido a tutte le sue colleghe, invitandole ad alzare la voce: “Sento tante colleghe che riportano situazione simili alla mia ovunque, ma nessuno parla, quando dietro il calcio femminile c’è un mondo che deve ancora essere svelato: non mi riferisco solamente di soldi, ma di rispetto e dignità della persona. Dobbiamo iniziare ad alzare la voce, lamentarci tra di noi è inutile”.

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