Prima Categoria, il Chianocco pensa al ritiro dal campionato: “Non siamo criminali”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera del Chianocco Calcio, dove vengono spiegate le ragioni di questa idea. La squadra della Val di Susa, che milita in Prima Categoria, è stata al centro di situazioni arbitrali che non sono andate giù a tutto l’ambiente. Situazioni che avrebbero portato la dirigenza a meditare un possibile ritiro dal campionato di Prima Categoria.

Il comunicato integrale

Gentili Signori,

abbiamo deciso di scrivere queste righe per rappresentarvi che, dopo quanto accaduto nelle due partite di Campionato di Prima
Categoria del Girone D, la prima a Caselette contro la squadra locale, la seconda domenica 23 ottobre a Chianocco contro la squadra
del Cenisia S.s.d. e alla luce dell’epilogo di entrambe, la nostra Società sta seriamente valutando di ritirare la propria squadra dal
Campionato in corso. Questa scelta, che ovviamente stiamo ponderando con molta attenzione e al contempo con grande sofferenza,
è frutto della situazione venutasi a creare dopo queste due partite.

Nella partita contro il Caselette, il nostro giocatore Lorenzo Pasqualone, si è purtroppo reso responsabile di un grave comportamento
dopo avere subito dapprima un’ammonizione e poi una espulsione, togliendo il fischietto al Direttore di gara e poi scagliandolo contro
lo stesso, ciò che ha determinato l’arbitro a sospendere la partita, scelta che ovviamente è a sua discrezione. Non vogliamo entrare
nel merito dell’atteggiamento del giocatore, che è stato assolutamente sbagliato e come tale da sanzionare; tuttavia, ciò ha
comportato la perdita della partita “a tavolino” per 3 reti a zero e la squalifica del giocatore per la durata di 24 mesi.

Proprio su quest’ultima però ci vogliamo soffermare: infatti tra il togliere il fischietto all’arbitro e tirarlo contro lo stesso (gesto
sbagliatissimo, ma dettato dalla frustrazione in quel momento del giocatore) e “il tirare un manata in faccia” al direttore di gara, il
quale ha rappresentato di essere stato refertato in Ospedale ove sono stati assegnati tre giorni di prognosi, la situazione è ben
differente.

Purtroppo, in questi casi fa fede, lo sappiamo benissimo, il referto arbitrale in mano al Giudice Sportivo. Quello che poi, dopo, è stato
scritto sui giornali, sia cartacei sia online, sui social e sui vari blog sportivi; invece, è pura tortura mediatica verso il giocatore nonché
una criminalizzazione dello stesso e della nostra società.

Molti di voi conoscono Lorenzo Pasqualone e dunque sanno che non è nella natura di questo atleta tenere condotte violente e
criminali, eppure il suo gesto di stizza, lo ripetiamo, assolutamente censurabile, è così che è stato descritto. Che tale atteggiamento dovesse essere punito è fuor di dubbio; tuttavia, ogni punizione ha un senso e un valore, anche educativo oltre che disciplinare, quando la “pena” è proporzionata al fatto commesso.

Ciò che è accaduto però è che un referto arbitrale reso senza neppure un minimo confronto con il giocatore ha fatto sì che oggi vi
sia una sola verità, ossia quella che è riportata in quel referto, e che il ragazzo, e la società sportiva in cui giocava, siano demonizzati
e ostracizzati. Trattati come persone e associazioni non degne della minima considerazione.

Non vogliamo fare una sterile polemica sostenendo che nel nostro calcio purtroppo non ci si possa difendere. Eppure, così è. Pasquale
affronterà due anni di squalifica, avrà di fatto la carriera sportiva rovinata, e ciò senza considerare la sua reputazione, che è quella
di essere additato come ragazzo e giocatore violento e aggressivo.

Quanto alla nostra società arriviamo alla partita di domenica 23 ottobre. Sapevamo ovviamente di essere sotto la lente di
ingrandimento, non siamo ottusi, ma se il Direttore è prevenuto sin da prima dell’inizio gara, allora non c’è nulla da fare. Sin da subito
ci siamo accorti di essere considerati “i cattivi, i criminali” di questo campionato e pur disputando una partita assolutamente corretta
sono fioccati cartellini gialli e rossi a profusione, contro giocatori, guardialinee e dirigenti.

Finita la partita, tra l’altro dopo 10 minuti di recupero, nonostante l’indicazione arbitrale fosse di un tempo di recupero di 6 minuti, gli
avversari, trovatisi anche in superiorità numerica, hanno segnato. Neanche palla al centro, è finita la partita ed è arrivata la sconfitta.
Anche in questo caso, al di là del merito dell’azione degli avversari che li ha portati al gol, è impossibile non domandarsi la ragione
di questo epilogo e la chiara e netta sensazione è che ciò sia dovuto al fatto che siamo stati trattati come una Società “cattiva” con
criminali anziché giocatori e lupi mannari come dirigenti.

Con molto rammarico ci chiediamo se questo è ciò che meritiamo e se davvero è questo il calcio oggi…Davvero è questa la giustizia
sportiva? Accusatore, giudice e boia? La nostra Società è una piccola realtà sportiva spersa tra le montagne della Valle di Susa, dove tutto è molto più complicato che in altri luoghi e richiede molti sforzi, dove allestire una squadra con una rosa di giocatori per disputare un Campionato di Prima categoria è pressoché un’impresa, dove spostarsi per le trasferte, quasi tutte a Torino, rappresenta un costi molto elevato, dove pagare le bollette di gas e luce per gli allenamenti è già ora proibitivo, domani diventerà una vera e propria impresa, ma ci proviamo perché è la nostra passione ed anche quella dei ragazzi della nostra squadra a cui cerchiamo di trasmettere una passione sana ed equilibrata.

Ma anche questo rischia di diventare un’impresa, se non addirittura impossibile, se uno sbaglio, per quanto grave, viene punito in
modo non solo esemplare ma addirittura incomprensibile così rischiando di vanificare ogni iniziativa lasciando spazio allo sgomento
e alla frustrazione.

Ciò che stiamo vivendo in questi giorni è un peso, un macigno sulle nostre spalle, che di fatto ha minato la nostra resistenza e
resilienza e che ci fa chiedere: “Come possiamo continuare? Chi ci tutela e chi tutela i nostri ragazzi? Ma davvero ci meritiamo tutto
questo?”

Una cosa però abbiamo deciso di farla, ossia di difenderci: di difendere la nostra immagine e i nostri ragazzi dalle accuse ingiuste ed
infamanti, dalla gogna e dalla tortura mediatica, riservandoci di adire le vie legali nel caso in cui la campagna denigratoria e la gogna
mediatica dovessero continuare.

Non vorremmo arrenderci a questo, perché vorremmo ancora poter dire che il calcio continua ad essere lo sport più bello del mondo,
ma purtroppo ci sembra ormai che il calcio sia diventato quello giocato sulla carta, stampata o virtuale, che sia quello delle critiche
aspre, sterili e senza alcun confronto costruttivo, prendere o lasciare.

Stiamo quindi valutando seriamente di lasciare… per lasciare il campo a chi voglia giocare questo calcio, che a noi non appartiene e
in cui ci sentiamo ingiustamente accusati mentre invece vorremmo riportare sul campo quei valori che ci hanno sempre accompagnato. Un errore, singolo e di un singolo, per di più duramente sanzionato, si è invece trasformato in una condanna senza
possibilità di appello.

Nel ringraziarvi per l’attenzione che vorrete dedicarci, porgiamo distinti saluti.

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