Quando l’esonero diventa quasi una moda: salviamo la categoria degli allenatori

Necessità o moda? La parola esonero sta entrando sempre di più nel dizionario degli sportivi (e non). Negli ultimi tempi, su media e social network, è più facile imbattersi in una notizia che parla di esonero, che di qualsiasi altro argomento. Dopo settimane passate a parlare di bel gioco, nel mondo del calcio l’argomento che più piace agli appassionati (e non solo a quanto pare) è quello legato al cambio in panchina.

Premessa: chi scrive ha da sempre un debole verso gli allenatori, ma questa non è una motivazione valida per dire che qualcosa sta andando storto. Per farlo basta usare il buon senso. Non approfondiremo le tematiche legate al mondo dei professionisti, in particolare di Bayern Monaco e Chelsea (giusto per fare due esempi calzanti), ma ci focalizzeremo sul mondo dei dilettanti. Un mondo lontano da quello dei pro, dove un allenatore non è solamente la guida tecnica e tattica di una squadra, ma è molto di più: magazziniere, preparatore atletico, dirigente, padre, fratello o confidente. Una figura mistica, a metà tra un genitore e un insegnante.

Certamente l’allenatore di una squadra giovanile di un paese di 500 abitanti non può essere trattato come un allenatore che guida una rosa di Eccellenza, ma le differenze, credeteci, sono davvero poche. A partire dall’entusiasmo e dalla passione messa in campo. Cambiano gli obiettivi, ma questo ci pare ovvio. Qui ci sarebbero davvero tanti esempi da fare, ma uno vale per tutti: Salvatore Giuffrida, tecnico dell’Under 19 del Rubiana. Oltre ad indossare più vesti, è stato in grado di costruire una rosa partendo da zero (con gente che non ha mai giocato a fútbol), riportando il calcio in un piccolo comune della Val di Susa, scomodo e lontano da qualsiasi tipo di servizio. Ad oggi ha perso tutte le partite disputate, ma il suo lavoro non ha eguali. Non è stato esonerato, ma duramente criticato – come spesso capita ai tecnici  – per i risultati ottenuti fino ad oggi.

Un lavoro diverso, ma dello stesso spessore di quello di Salvatore Telesca. Stesso nome, ma destino diverso. Anche lui ha costruito una rosa partendo da zero. In un anno e mezzo, quasi due, di storia del club, ha vinto due Coppe Italia. Ha portato la squadra due volte ai playoff, eppure, è stato esonerato. Le motivazioni? Ufficialmente non si sanno, ma l’annuncio è arrivato dopo le due sconfitte consecutive che hanno portato l’Alba Calcio dal primo posto al secondo, a -4 dalla vetta. L’esonero non cancella e non cancellerà mai quanto di buono fatto in questi mesi da Telesca, ma porta e porterà solamente ad un interrogativo: a tre giornate dalla fine e con i playoff ancora da disputare, perché cambiare?

La stessa domanda che si starà ponendo Alberto Merlo, tecnico dell’Albese, altra società di Alba, esonerato poche ore dopo il collega dirimpettaio. Qui la classifica pesa di più, ma il discorso non cambia. A differenza dei cugini, i biancoazzurri hanno anche comunicato chi prenderà il posto di Merlo, ossia Enrico Lombardi, tecnico con cui si era iniziato un progetto legato ai giovani salvo poi essere esonerato poche settimane dopo l’inizio del campionato, anche qui tra gli interrogativi di tutti.

Questi sono solo alcuni esempi, tra l’altro i più recenti. Solamente settimana scorsa c’è stato quello di Carlo Barberis, tecnico delle giovanili della Cbs, mentre in inverno i più clamorosi furono quelli di Boschetto (Asti), Meloni (Chisola) e di Calabrò (Chianocco). Storie simili, seppur in contesti totalmente diversi. Di fatto quella degli allenatori è una categoria da proteggere. In Italia lo siamo tutti, anche se alla fine nessuno sa cosa vuol dire esserlo veramente.

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