Dilettanti, è ora di smettere di imitare i professionisti

Dilettanti, è ora di smettere di imitare i professionisti

3 Dicembre 2025Il commento Andrea Musacchio

Nel calcio dilettantistico sta accadendo qualcosa che, fino a pochi anni fa, sembrava impensabile. Pagine social curate come quelle di Serie A, annunci in stile Premier League, grafiche iper–professionali, comunicati frenetici che rincorrono le notizie. Una corsa – spesso sincera, talvolta ingenua – a imitare il mondo dei professionisti.

Una moda che ha portato benefici, certo: più attenzione, più tifosi, più famiglie coinvolte. Ma che, allo stesso tempo, ha generato episodi che nulla hanno a che vedere con l’essenza del calcio dilettantistico. E il caso Druentina, esploso ieri, è la perfetta fotografia di questo cortocircuito.

Il giorno più caotico della Druentina. La squadra neopromossa in Eccellenza (girone A), reduce da un avvio di stagione altalenante e da un quartultimo posto preoccupante, si trova a dicembre in un momento di difficoltà. Una situazione complicata, ma non drammatica: la salvezza è ampiamente raggiungibile e i normali scossoni della prima parte di un campionato difficile possono anche essere fisiologici.

Eppure, la sequenza di comunicazioni che si è scatenata è stata surreale. Prima l’anticipazione dell’esonero di Christian Zullo, l’allenatore della promozione, riportata dalla pagina UDAS – Dilettanti allo Sbaraglio. Poi, poco dopo, un primo comunicato della società, fermo nei toni, in cui la Druentina richiama all’importanza di verificare le fonti e lascia intendere che la notizia sia stata diffusa senza fondamento.

Finita lì? Assolutamente no. Perché pochi minuti dopo arriva il comunicato ufficiale dell’esonero, che smentisce di fatto quanto affermato nel messaggio precedente. E quando tutto sembra ormai deciso, nel tarda serata la società torna nuovamente sulla vicenda: Zullo resta, confermato in panchina. Il risultato finale? Tre comunicati stampa contraddittori, nel giro di poche ore.

Non è un processo alla Druentina, è una riflessione più ampia. L’episodio non è un attacco alla società torinese, che ha vissuto una giornata complicata e che ha pagato un momento di forte emotività. Il punto è un altro, e riguarda un fenomeno più vasto: la crescente frenesia comunicativa del calcio dilettantistico.

Negli ultimi anni molte società hanno iniziato a comunicare “come i grandi”, ma senza avere le strutture, l’organizzazione o l’esperienza necessarie. Il risultato? A volte si cade in scelte frettolose, in annunci impulsivi, in dichiarazioni che alimentano più caos che informazione.

Settori giovanili trasformati in vetrine. Il problema non riguarda solo le prime squadre. Sempre più spesso si leggono post celebrativi sui ragazzi del settore giovanile: “il bomber più forte del campionato”, “il talento che farà strada”, “la stella della categoria”. Sono parole che, in alcuni casi, diventano macigni. Perché è bello incoraggiare, certo. Ma è pericoloso caricare adolescenti di aspettative che non appartengono né alla loro età, né al contesto in cui giocano.

La cronaca lo ha dimostrato: ragazzi presentati come fenomeni a 14 o 15 anni hanno smesso di giocare pochi anni dopo, schiacciati da pressioni inutili.

Una buona comunicazione è un valore, ma va dosata. Comunicare è importante. Siamo nel 2025, i social sono ormai parte integrante della nostra vita. Le società dilettantistiche hanno tutto il diritto – e persino il dovere – di raccontare il proprio mondo, coinvolgere il territorio, valorizzare i propri ragazzi.

Ma comunicare non è imitare. E soprattutto, non deve diventare una gara a chi fa prima, a chi pubblica di più, a chi scrive meglio.

Il calcio dilettantistico è passione, rispetto, comunità, educazione. Chi vive questo mondo sa bene che la forza sta nelle relazioni, non nelle grafiche; nella coerenza, non nel clamore; nella misura, non nell’eccesso.

Il rischio più grande? Dimenticare chi siamo. Il caso Druentina resterà forse un episodio isolato, ma è anche un campanello d’allarme.
Ci ricorda che non tutto è notizia da pubblicare in tempo reale, che la fretta può trasformare un normale momento di difficoltà in un terremoto mediatico, e che il calcio dilettantistico deve mantenere la propria identità. Perché il giorno in cui smetterà di essere un luogo autentico, e inizierà davvero a voler imitare i professionisti, perderà ciò che lo rende unico: la sua umanità.


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