Nelle dichiarazioni rilasciate ai microfoni di Rai Sport nel post-partita, Barbara Bonansea ha pronunciato una frase che, con l’emozione in volto e la forza di un destino condiviso, ha saputo racchiudere in sé il passato e il futuro del calcio femminile italiano. Tutto intrecciato da un unico filo conduttore: un sogno.
Un sogno nato sui campi delle province italiane, dove le calciatrici della Nazionale mossero i primi passi, ignare forse della grandezza del cammino che le attendeva. È a quel sogno che hanno rivolto il pensiero prima di scendere in campo contro la Norvegia, in quella che è stata – sino ad ora – la notte più importante del calcio femminile italiano. Una notte che ha regalato, dopo ventotto anni di attesa, una semifinale europea che profuma di riscatto.
È un sogno che nasce lontano, nelle pieghe del tempo che scorre inesorabile, e che oggi si ricongiunge al presente, volgendo lo sguardo verso un domani che si desidera più vicino, più giusto, più vero. Un sogno che oggi – come evocato da Bonansea – le bambine possono finalmente vivere e toccare.
Passato e futuro si rincorrono, si fondono, si abbracciano nel fluire incessante del tempo, mentre il presente – questo presente – ha già il sapore struggente della storia.
Una storia che non vede nel successo della Nazionale maggiore un punto d’arrivo, ma piuttosto l’alba di un nuovo viaggio.
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