Conosciamo Giorgia Meloni, tra le varie sfaccettature, anche per le sue capacità comunicative. Particolarmente estreme e inamovibili, che molto spesso creano scompiglio all’interno dell’opinione pubblica, ed in particolar modo nell’ala sinistra italiana. Anche nella carica di Presidente del Consiglio non ha tardato a sollevare dibattiti.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nella giornata di oggi, venerdì 28 ottobre, ha fatto arrivare ai ministeri una circolare che indicava l’appellativo con cui la stessa intende farsi chiamare nel suo ruolo di esecutivo. La precisazione nasce da una esigenza giunta dal Senato e dalla Camera al momento della predisposizione del resoconto stenografico. Dal momento che la Premier è la prima presidente del Consiglio, data evidentemente un’impreparazione culturale, ne seguiva evidentemente la necessità una risposta ufficiale. Così leggiamo nella circolare indirizzata ai Ministeri:
“Per opportuna informazione si comunica che l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: “Il Signori Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni“.
La circolare, firmata dal Segretario Generale della Presidenza, Carlo Deodato, ha in pochi istanti fatto il giro del web creando non poca indignazione tra le altre forze politiche, ma anche tra la cittadinanza.
Leggiamo, per esempio, dai canali dell’Onorevole Chiara Appendino: “Io inizio a pensare che Il Signor Presidente del Consiglio sia ossessionata. Anzi, ossessionato“. D’altra parte, il Centrodestra (e non solo) è insorto spesso sul tema, enfatizzando la sterilità della polemica, indice di come la sinistra non avesse questioni da intavolare come opposizione.
Nella serata di oggi è arrivata la risposta della Premier, che ribadisce la superficialità del tema: “Leggo che il principale tema di discussione di oggi sarebbe su circolari burocratiche interne, più o meno sbagliate, attorno al grande tema di come definire la prima donna Presidente del Consiglio. Fate pure. Io mi sto occupando di bollette, tasse, lavoro, certezza della pena, manovra di bilancio. Per come la vedo io, potete chiamarmi come credete, anche Giorgia“.
Quello su cui occorre soffermarsi – e su cui evidentemente c’è molta confusione – è che il femminile delle professioni non è una novità. Esiste già dal secolo scorso. Pensiamo alla pubblicazione pilota, “Il sessismo nella lingua italiana” (1987), a cura di Alma Sabatini e commissionato proprio dalla la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna. Il socio-linguismo avanza l’idea secondo cui la lingua non è un contenitore neutro di informazioni, ma restituisce il contenuto di come viene percepita la realtà. Di conseguenza la lingua indirizza il modo con cui viene rappresentata la realtà. Un’impostazione linguistica prettamente androcentrica, così come suggeriva Sabatini, riposiziona, o meglio declassa la posizione di una donna, perché non la qualifica all’interno della società.