Perché abbiamo smesso di giocare a calcio per strada?

Quattro pietre usate come pali di due porte. Un pallone. La strada come un ipotetico Bernabeu. Ormai il calcio di strada è un evento più unico che raro ed è per questo che quando ci si imbatte in ragazzine e ragazzini, pronti a sfidarsi in piazze o strade pedonabili, fa sempre piacere. Ormai il calcio non è più nei primi pensieri delle nuove generazioni. Gli oratori sono vuoti e anche i campi da calcio (o calcetto) comunali non vedono la partecipazione di anni fa.

Non solo mancano i gruppi pronti a sfidarsi in partite eterne, dove il triplice fischio arrivava solo con il tramontare del sole e le regole erano quelle della strada e non quelle federali, ma negli ultimi tempi è raro imbattersi anche nel classico papà con il pallone sotto al braccio e con suo figlio a fianco per giocare in un parco o su una spiaggia. Secondo esperti ed ex calciatori, la decadenza del calcio italiano parte tutto da qui e in parte si può essere d’accordo. In strada, dove il terreno è irregolare e i rimbalzi non sono facili da prevedere, si impara a stoppare un pallone: non in una scuola calcio.

A proposito di scuole calcio e settori giovanili. Se parte della mediocrità calcistica italiana (che vale dall’Eccellenza alla Serie A) è dovuta ai motivi di cui sopra, l’altra fetta di responsabilità si può attribuire ad una nuova generazione di allenatori, che, con fare spocchioso, impongono i propri schemi a ragazzi che dovrebbero essere liberi di inventare (e di sbagliare). Parlare di costruzione dal basso, possesso palla e concetti vari non solo mette i brividi ma le conseguenze poi si riflettono su tutti i campi nazionali.

In Italia non si dribbla più e, anche se non è una scienza esatta, è facile pensare che questo accade perché non si gioca più per strada, dove, di fatto, l’uno contro uno è il fulcro del gioco. In Italia la tecnica individuale sta scomparendo come la visione di gioco e tante altre cose che invidiamo a calciatori di altre nazionalità (vedasi Lamine Yamal).

Sono in tanti quelli che nelle ultime settimane, a causa dell’uscita dell’Italia dagli Europei, si stanno indignando e continuano a puntare il dito contro quel sistema di cui fanno parte anche loro: chiedete ad un qualsiasi allenatore di settore giovanile quali sono gli allenamenti durante la settimana: la maggior parte di loro risponderà che ci si concentra sulla parte atletica, poi sulla tattica e infine, ma la percentuale è molto bassa, sulla tecnica.

Forse, per rinascere, bisogna davvero trovare quattro pietre e usarle come porte, utilizzando un pallone, di plastica o cuoio, pensando di giocare al Bernabeu anche se si è in strada.


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