TORINO – “Se la sorte ti ha dato in dote di essere innamorato di una squadra come il Torino, allora avrai la ragionevole certezza che quel tuo amore non sarà mai angustiato dalla monotonia. Ma da qualsiasi altra possibile condizione dell’anima, inevitabilmente, sì”. In uno dei documentari più belli sulla storia del Grande Torino, Federico Buffa ripercorre il cammino che ha portato quei ragazzi a diventare gli Invicibili prima, angeli ed eroi poi. Ragazzi appartenenti ad una squadra che solo il “fato” seppe battere. Oggi, 4 maggio, sono esattamente 75 anni dalla tragedia di Superga.
Tragedia che si consumò nel pomeriggio di mercoledì 4 maggio 1949. Alle 17.02 l’equipaggio aveva chiamato per l’ultima volta la torre di controllo di Torino. Il pilota contava di virare di 290 gradi di prua per allinearsi sulla pista di atterraggio. Ma il forte vento di libeccio aveva spostato la rotta dell’aereo e l’altimetro, guasto, segnava 2000 metri quando invece il G-212 viaggiava a 600. Di colpo, dalla nebbia mista a pioggia, sbucò la basilica. Alle 17.05 la torre di controllo chiamò l’equipaggio, ma non ci fu risposta.
La storia della fine del Grande Torino è stata raccontata da generazioni in generazioni. Chi ha avuto modo di crescere a Torino o in Piemonte, anche se non per forza appassionato di calcio, conosce la tragedia di Superga nei minimi particolari. La storia degli Invincibili, di quella squadra che solo il “fato li vinse”, è diventato un vero e proprio costume nell’immaginario collettivo piemontese e italiano. Come Coppi e Bartali, il Grande Torino è di tutti.