SIVIGLIA (SPAGNA) – La guardalinee Guadalupe Porras, durante la gara della Liga spagnola tra Betis Siviglia e Athletic Bilbao disputata nella giornata di ieri, domenica 25 febbraio, è stata protagonista di un brutto schianto contro una telecamera che l’ha costretta a lasciare dopo pochi minuti il campo.
Le immagini di Porras ferita, catturate in diretta tv, hanno successivamente fatto il giro del web, prese d’assalto dai cosiddetti haters (o commentatori d’odio) che, attraverso commenti sessisti, sottolineano quanto la società sia ancora fortemente maschilista e, in particolare, il mondo del calcio sia considerato, come determinati ambiti lavorativi o posizioni dirigenziali, ancora un ambiente storicamente per soli uomini.
Viceversa, la società fatica ancora a immaginare che dietro la presenza di un volto insanguinato in un rettangolo verde si cela una donna determinata che si batte per superare le barriere di genere che tentano di imporsi, probabilmente da tutta una vita.
Sebbene sia cresciuta la visibilità del calcio femminile e i tesseramenti delle calciatrici abbiano raggiunto numeri storici negli ultimi anni, assistiamo ancora a forti resistenze verso il binomio “donne-calcio”: infatti – stando a quanto emerge dalla ricerca dall’Istituto di Ricerca “Le donne, il lavoro e lo sport” commissionata da eBay – ancora il 40% degli italiani e delle italiane, anche e soprattutto tra i giovani, considera il calcio uno “sport maschile.” L’effetto dei pregiudizi e degli stereotipi, che ha ancora un forte impatto nella società, costringe le donne (ma anche gli uomini) a vincolarsi alle gabbie di genere che limitano modalità di espressione, comportamenti, gusti e infine percorsi professionali. Pertanto una bambina che mostra passione per il calcio, temendo ripercussioni fondate sul suo genere di elezione, non sceglierà il pallone.
Non pensiamo sia il tempo di superare queste barriere?