(Adnkronos) – “È ormai diventato insostenibile continuare a finanziare il Servizio sanitario nazionale con risorse importanti pari, nel 2026, a circa 142 miliardi, in una modalità che potremmo definire ‘per inerzia’ sulla base di vecchi modelli, vecchie situazioni e priorità, che non rispondono più alle necessità attuali del contesto epidemiologico, sociale, economico e politico. E’ necessario, pertanto, aggiornare la strategia del Servizio sanitario pubblico”. Lo ha detto Tonino Aceti, presidente di Salutequità, in occasione dell’evento di presentazione, a Roma, del report ‘La programmazione sanitaria per l’equità’, condotto da Salutequità.
La strategia attuale “non viene aggiornata dal 2006-2008 – spiega Aceti – L’ultimo Piano sanitario nazionale, infatti, risale a queste date, così come l’ultimo Patto per la Salute del 2019-2021, è in proroga. Abbiamo bisogno, invece, di una vision che guardi alla realtà vera, quella vissuta dai cittadini e che affronti le priorità”. La prima “è la non autosufficienza”. Ci sono poi “le demenze e i nuovi modelli professionali e organizzativi”. Per garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, secondo l’esperto, dovrebbe essere valorizzato “al meglio tutto ciò che si intende per Sanità digitale: telemedicina, teleassistenza e intelligenza artificiale. Sono tutti aspetti che non stiamo governando, ma stiamo gestendo in modo molto frammentato – sottolinea – Abbiamo bisogno di una visione d’insieme, di una regia e di un pensiero profondo che sia in grado di guidare questo processo di trasformazione del Ssn, da mettere in campo a stretto giro, altrimenti ne va dell’accesso equo alle cure e anche la sostenibilità del Ssn”.
Secondo il presidente di Salutequità, in Italia vi è “un’enorme frammentazione della programmazione sanitaria regionale. Ci sono Regioni che hanno Piani sanitari, altre che dispongono di Piani sanitari e sociali, altre, ancora, hanno i Piani aggiornati, altre no. Ci sono Regioni che hanno Piani sanitari vecchi o che proprio ne sono sprovviste – elenca Aceti – Pertanto, tale frammentazione necessita di un’armonizzazione e di una strategia unitaria: il Piano sanitario nazionale. E’ necessario, quindi, che tutti gli attori istituzionali partecipino alla pianificazione del Piano, coinvolgendo le Regioni, il ministero, il Parlamento e tutti gli stakeholder del Ssn, a partire dalle associazioni di cittadini e di pazienti. Oggi abbiamo bisogno che la strategia del Servizio sanitario pubblico passi in modo significativo dal Parlamento – non come gli ultimi Piani sanitari nazionali, dove ha solo espresso pareri, anche non vincolanti – Diamo, quindi, all’organo sovrano la sovranità di decidere che sanità pubblica vogliamo avere per i prossimi anni”, conclude.
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