Medicina, neurologi: “L’innovazione può cambiare la storia di molte malattie ma serve equità”

(Adnkronos) – La neurologia sta attraversando una fase di evoluzione rapida e profonda. Tecnologie digitali e intelligenza artificiale con strumenti basati su machine learning e deep learning stanno trasformando l’analisi delle neuroimmagini, la previsione dell’evoluzione delle malattie, la diagnosi precoce e la personalizzazione dei trattamenti. A sostegno di questa transizione – come è stato evidenziato al Congresso della Società italiana di neurologia, in corso a Padova fino al 28 ottobre – la Sin ha avviato il progetto ‘Digital Neuro Hub’, un ecosistema digitale integrato pensato per supportare decisioni cliniche informate, senza trascurare gli aspetti etici, la sicurezza dei dati e la relazione medico-paziente. “La neurologia di oggi è una disciplina in rapida trasformazione, che richiede un approccio multidisciplinare, tecnologico e centrato sulla persona – sottolinea Alessandro Padovani, presidente uscente Sin – Le innovazioni presentate in questo congresso mostrano che possiamo davvero modificare il decorso di molte patologie. Ma serve garantire un accesso equo su tutto il territorio nazionale”. 

L’adozione di tecnologie avanzate – dalla neuroinformatica all’intelligenza artificiale, dai biomarcatori digitali ai dispositivi indossabili – sta ridefinendo l’intero approccio neurologico, rendendolo sempre più predittivo, preventivo e personalizzato. In quest’ottica, la Sin ribadisce la necessità di “investimenti strutturali nella formazione digitale dei neurologi, nella creazione di infrastrutture condivise e nell’adozione su larga scala di strumenti innovativi”. 

Tra le principali sessioni del congresso, emerge quella dedicata all’epilessia. Con circa 500mila persone colpite in Italia, la patologia è oggi protagonista di una svolta terapeutica senza precedenti. Dopo decenni di trattamenti centrati sul controllo delle crisi, oggi – spiegano gli esperti – la ricerca punta a “modificare il decorso della malattia, intervenendo sulle cause. Accanto ai farmaci antiepilettici di nuova generazione, come lacosamide, perampanel, brivaracetam e cenobamato, si stanno sviluppando strategie antiepilettogeniche che mirano a bloccare la comparsa della malattia dopo eventi come trauma cranico o ictus”. Inoltre, sono state identificate mutazioni in geni chiave (Scn1A, Stxbp1, Depdc5, Gabrg2), aprendo la strada a una medicina di precisione. In forme specifiche, la terapia è eziologica: la dieta chetogenica nella sindrome da deficit di Glut1 e l’everolimus nella sclerosi tuberosa. Sono in fase avanzata di sviluppo terapie geniche e approcci basati su Rna interference, particolarmente promettenti per le forme infantili gravi. Sul fronte tecnologico, dispositivi di neurostimolazione ‘intelligente’ e sistemi Eeg sottocutanei permettono un monitoraggio continuo e interventi mirati in tempo reale. L’intelligenza artificiale supporta la predizione degli esiti chirurgici e ottimizza la gestione terapeutica. 

Sull’emicrania – malattia neurologica cronica che interessa circa il 12% della popolazione adulta, con una prevalenza fino al 25% nelle donne in età fertile con attacchi, spesso invalidanti, accompagnati da sintomi neurovegetativi e sensoriali – oggi, oltre ai trattamenti tradizionali, “sono disponibili nuove opzioni terapeutiche: il lasmiditan e i gepanti (rimegepant e atogepant), efficaci nel trattamento degli attacchi acuti, e 4 anticorpi monoclonali anti-Cgrp (erenumab, eptinezumab, fremanezumab, galcanezumab) per la prevenzione. Per i pazienti con emicrania cronica, resta indicata anche la tossina botulinica di tipo A”. I nuovi farmaci, altamente selettivi, sono già disponibili nel Servizio sanitario nazionale per i pazienti con forme refrattarie. 

Nella malattia di Parkinson – secondo disturbo neurodegenerativo per diffusione, in forte crescita a livello globale – tra i fattori di rischio, oltre all’età, emergono centrali fattori ambientali e comportamentali come l’esposizione a pesticidi, l’inquinamento atmosferico e la sedentarietà, elencano i neurologi. La ricerca si concentra oggi su “terapie disease-modifying, come gli anticorpi monoclonali anti-α-sinucleina, mirati a prevenire l’accumulo patologico della proteina. Al contempo, si rafforza l’importanza della brain health, un concetto che integra prevenzione, stili di vita sani e riduzione dei fattori di rischio modificabili”, per contrastare precocemente i meccanismi della neurodegenerazione. 

Per la sclerosi laterale amiotrofica (Sla), malattia rara e devastante che interessa circa 6mila italiani – proseguono gli esperti – negli ultimi anni si sono aperte nuove prospettive, con l’identificazione di numerosi geni associati alla patologia e la comprensione di meccanismi patogenici come alterazioni della proteasi, del metabolismo dell’Rna, neuroinfiammazione, disfunzioni mitocondriali. L’approvazione di tofersen, un oligonucleoide antisenso, rappresenta una svolta per i pazienti con mutazione Sod1. Numerosi altri approcci sono in fase di studio per mutazioni diverse. Per le forme sporadiche, l’attenzione si concentra su biomarcatori (neurofilamenti), imaging avanzato e trial clinici adattativi, come la piattaforma Tricals, permettono di testare più farmaci in parallelo. I modelli di cura multidisciplinare e l’uso di tecnologie assistive (es. eye-tracking, interfacce cervello-computer) contribuiscono a mantenere autonomia e qualità della vita anche nelle fasi più avanzate. 

Nella sclerosi multipla, che continua a registrare un aumento dell’incidenza, specie nella fascia giovane-adulta – rimarcano i neurologi – il legame con il virus di Epstein-Barr è ormai confermato, così come l’importanza di una diagnosi precoce e di trattamenti tempestivi. Oltre 20 farmaci sono oggi disponibili, dai più tradizionali a quelli ad alta efficacia (anticorpi monoclonali, cladribina). In casi selezionati, il trapianto autologo di cellule staminali rappresenta un’opzione terapeutica promettente. Nuovi biomarcatori e tecniche di imaging avanzato supportano un monitoraggio sempre più preciso. La ricerca si orienta verso strategie multitarget, con inibitori della tirosin-chinasi di Bruton e terapie che mirano alla microglia e agli astrociti, attori chiave nella progressione. 

E ancora, per la miastenia gravis, malattia autoimmune della giunzione neuromuscolare, c’è stato un notevole avanzamento nelle opzioni terapeutiche. I nuovi anticorpi monoclonali (anti-Cd20, anti-Cd19), i bloccanti del complemento (eculizumab, ravulizumab, zilucoplan) e gli antagonisti del recettore FcRn (efgartigimod, rozanolixizumab) rappresentano una svolta per i pazienti con forme generalizzate anti-AChR positive. Le indicazioni terapeutiche variano in base al profilo anticorpale e alla forma clinica, evidenziando l’importanza di protocolli personalizzati e di un approccio immunologico mirato. Le forme oculare e sieronegativa rimangono ancora oggetto di ricerca attiva.  

Infine, per la malattia di Alzheimer che rappresenta il 60% delle demenze, con circa 600mila casi in Italia, l’introduzione dei biomarcatori plasmatici, come il dosaggio del rapporto pTau217/β-amiloide, promette una rivoluzione nella diagnosi precoce, accessibile e non invasiva. I nuovi anticorpi monoclonali anti-amiloide (lecanemab e donanemab) – concludono i neurologi – hanno dimostrato la “capacità di rallentare la progressione clinica nei pazienti con malattia in fase iniziale e presenza documentata di β-amiloide. Tuttavia, la complessità nella gestione di queste terapie (monitoraggio, selezione dei pazienti, rischio di Aria – Amyloid Related-Imaging-Abnormalities) richiede un adeguato riassetto organizzativo” del sistema sanitario e un’attenta valutazione della sostenibilità. 

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