Che cosa ci ha fatto innamorare dello sport, in fondo?
Personalmente, credo sia proprio il suo essere imprevedibile. Nulla, nello sport, è già scritto: esso vive di una legge cruda, quasi primordiale, dove in un istante puoi avere la vittoria tra le mani e, un secondo dopo, vederla sfuggire via. È la dura legge della natura, sì, ma è anche ciò che ne costituisce il fascino più autentico — brutale e irresistibile al tempo stesso — capace di evocare il mito eterno di Davide contro Golia. Fino al triplice fischio, tutto può accadere.
Una legge che la Juventus Women ha sperimentato sulla propria pelle nella gara di Women’s Champions League contro il Bayern Monaco: un gol allo scadere, e la possibilità di strappare un punto prezioso — in trasferta — contro una delle corazzate d’Europa, dissolta nel nulla. Eppure, in questo caso, quella “legge primordiale” che governa lo sport sembra essere stata alterata, distorta, quasi tradita.
Un gol dubbio — per non dire molto dubbio — può davvero rientrare in quella bellezza spietata che è l’essenza stessa dello sport? Difficile dirlo, se mancano persino gli strumenti per stabilire con certezza se quel pallone abbia davvero varcato la linea di porta.
Perché, in fondo, la questione non riguarda chi meritasse o meno la vittoria: la legge sportiva, quella vera, accetta la sofferenza, la lotta, la resistenza fino al novantesimo. No, qui la questione è ben diversa, e molto più grave: com’è possibile che nella massima competizione europea per club non siano presenti i necessari supporti tecnologici per accertare la validità di un gol?
La UEFA ha più volte dichiarato di voler investire nel calcio femminile, e ogni passo avanti è, certamente, motivo di speranza. Ma, con altrettanta franchezza, viene spontaneo chiedersi: a cosa serve investire, se poi non si è in grado di garantire l’essenza stessa della giustizia sportiva?
Indipendentemente dai colori in campo, dalle maglie, dai nomi, resta un dubbio profondo: qual è, davvero, la rilevanza che l’Europa assegna alla Women’s Champions League? Il calcio femminile merita rispetto, perché questi club non partecipano soltanto a una competizione, ne incarnano la dignità. E quando a mancare è l’equità, quella bellezza primordiale dello sport, fatta di lotta e speranza fino all’ultimo respiro, viene strappata via dalla noncuranza. E, forse, da un silenzio ancora troppo comodo.
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