Andrea Musacchio 
Caos. L’ennesimo pasticcio burocratico, l’ennesima decisione impostata dall’alto senza un chiaro percorso di condivisione: la questione fuoriquota in Eccellenza e Promozione in Piemonte e Valle d’Aosta si trasforma ancora una volta in un caso destinato a far discutere. Questa volta, però, l’indignazione delle società non riguarda tanto la conferma dell’obbligo di tre giovani in campo, quanto il metodo con cui il Comitato Regionale è arrivato a questa decisione, ignorando il parere delle stesse società che aveva consultato.
Un regolamento deciso a tavolino?
Il copione sembrava essere chiaro: il Comitato aveva convocato le 96 società di Eccellenza e Promozione per esprimere il proprio parere sulla presenza obbligatoria degli under. Dopo un incontro telematico e l’invio di un modulo ufficiale , il club può scegliere tra zero, uno o due fuoriquota. Nessuno, però, ha mai potuto votare per tre.
Eppure, l’8 marzo, il verdetto è stato annunciato: obbligo di tre under, come se fosse l’esito di una consultazione regolare. Le società si sono ritrovate di fronte a un risultato mai votato, un ribaltamento delle regole che ha scatenato un’ondata di polemiche.
Verso un nuovo voto o resta tutto così?
Ora, la speranza delle società è che la delibera venga annullata e si torni a votare con maggiore trasparenza. Tuttavia, il problema è più profondo: chi oggi si lamenta è lo stesso che ha scelto l’attuale governance del Comitato.
Il caos che sta travolgendo la gestione del regolamento fuoriquota è solo la punta dell’iceberg di un sistema che da anni si regge su dinamiche poco chiare. La vera domanda non è se la delibera sarà revocata, ma se le società impareranno la lezione, partecipando in modo attivo alla gestione del loro campionato e scegliendo con maggiore attenzione chi li rappresenta. Perché chi decide oggi è stato votato ieri.