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Federica Fossi

Gentili lettori e lettrici di Piemonte Sport,

Un anno fa iniziavo il mio percorso nel giornalismo sportivo, chiedendomi se il calcio femminile fosse davvero di interesse nel nostro paese. Da questa domanda, breve ma complessa, è nato un bellissimo viaggio durante il quale ho letto fin troppe volte che, alla fine, il calcio femminile non interessa.

Una frase esaustiva, categorica e imperativa, in una retorica che spinge il tifoso o l’appassionato a rassegnarsi quasi inevitabilmente: chiunque sia minimamente e sinceramente interessato al movimento femminile, dovrebbe farsene una ragione e smetterla di combattere una battaglia già persa in partenza.

Nel corso di questi 365 giorni e oltre con Piemonte Sport, ho toccato con mano queste affermazioni così perentorie e categoriche che, lo ammetto, hanno spesso minato la fiducia nella mia missione di vita, più che professionale.

Il mio sogno non così segreto è dare il giusto riconoscimento al calcio femminile, permettendo alle bambine di sognare un futuro nel calcio: un futuro che, nonostante la mia giovane età, ho temuto non fosse possibile in passato. È una sensazione che porterò sempre con me e che, spero, nessuna giovane donna debba mai esperienziare  mentre guarda una partita di pallone, in televisione, al parco o a scuola.

Per rispondere al mio quesito iniziale, ho cercato il “colpevole” ovunque: prima nella società in cui viviamo, poi nella mentalità maschilista di alcuni uomini, persino nei ragionamenti di alcune donne che consideravano il calcio femminile contrario ai dettami della femminilità; ho incolpato i media, rei di non dare il giusto risalto alle prestazioni delle calciatrici; e, infine, ho additato le istituzioni per i loro mancati investimenti.

Durante la partita di Champions League tra Juventus Women e Arsenal, ho constatato che non esiste un ‘singolo colpevole‘, poiché in fondo lo siamo tutti: uomini, donne, istituzioni, media. Tutti, nessuno escluso.

Non saprei descrivere esattamente il sentimento provato, ma guardando il funzionamento del modus operandi delle Gunners, ho percepito chiaramente che il disinteresse per il calcio femminile è una questione prevalentemente italiana e non internazionale, come ci viene sottolineato a coloro che utilizzano quelle frasi così perentorie e sentenziose.

In poche ore, gli inglesi si sono presi la scena sul suolo italiano, mostrandoci impietosamente la nostra inadeguatezza su tutti i fronti. No, non mi riferisco alla prestazione delle bianconere, che hanno subito un risultato troppo severo, ma faccio riferimento a tutto ciò che rende possibile immaginare un futuro concreto nel calcio femminile: i tifosi (oltre 200 presenti), i media seguiti da milioni di follower, lo staff organizzato ovunque sugli spalti, giovani addetti stampa e un’allenatrice intraprendente alla guida delle Gunners, oltre ai giornalisti in trasferta da Londra per raccontare l’avventura delle londinesi in Champions League.

Uno scenario comune e scontato per i calciatori, ma chi conosce il calcio femminile italiano sa bene che eventi di questo tipo (e con tale seguito!) non sono la norma nel nostro movimento: basti pensare che la stessa Juventus, manda le sue ragazze a Biella (ed è l’esempio meno eclatante).

Il calcio femminile interessa in Italia?

No, ma non facciamocene una ragione; piuttosto, accettiamolo e ripartiamo proprio da questa consapevolezza per costruire un futuro migliore per le nostre ragazze.

(Foto d’archivio)


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