PARIGI – L’essere umano si contraddistingue dal regno animale principalmente per il suo intelletto e per la capacità di creare, tramite esso, elaborati pensieri quali: arte, poesia e memorie, in grado di lasciare un segno tangibile del nostro passaggio su questo mondo.

Se, ad oggi, l’essere umano è in grado di godere di tale privilegio, lo dobbiamo principalmente all’antica cultura greca: arte, filosofia e democrazia sono solo alcuni degli esempi di una cultura passata che, in qualche modo, influenza tutt’ora il nostro quotidiano; i Giochi Olimpici, giunti al loro termine una settimana fa, sono l’esempio concreto di tale lascito.

Ho sempre amato le Eredità, poiché quando un qualcosa comincia da una parte e qualcuno la prende, la trasporta altrove, mutandola al punto che l’origine di quella Eredità, diventa parte integrante di molteplici pezzi che vanno a comporre un mosaico sempre più grande; un processo perpetuo e inesorabile che si trasforma nel tempo, ma che pone sempre la sua base a un concetto originario.

Il lascito delle Olimpiadi, è nella forza dei suoi valori; un evento così potente in grado non solo di coinvolgere il globo, ma anche di far cessare le belligeranze, unendo i popoli verso un unico scopo: lo sport. La potenza di tale manifestazione, è tale da esser riuscita a trovare quella pace che, seppur breve, la storia umana fatica a consolidare nei secoli della sua lunga storia.

Un retaggio che, purtroppo, si è perso nel tempo, lasciando spazio alla polarizzazione del pubblico verso una linea di pensiero unico, piuttosto che all’unione nell’insegna della competizione sportiva.

L’intero evento parigino si è basato sull’inclusione sociale, sessuale e di genere, in quelli che sono certamente valori per cui combattere (e per cui ancora bisogna combattere!), ma il risultato della manifestazione è stata un’inclusione fittizia, in uno spettacolo folcloristico che poco ha a che fare con le rappresentazioni che, tali movimenti, hanno a livello storico.

Uno spettacolo dettato dal marketing e da un’unione fasulla, poiché se il legato olimpico è l’unione dei popoli, l’Edizione parigina ha certamente fallito: l’esclusione della Russia e della Bielorussia, a dispetto della partecipazione di Israele, ne sono l’esempio.

Secondo quale criterio, decidiamo quale Nazione abbia o meno il diritto di partecipare alle Olimpiadi? Non vuole certo essere una lezione di diritto internazionale ma, certamente, quell’eredità e quei valori che hanno reso i Giochi Olimpici così potenti e affascinanti, hanno ormai perso la loro virtù per lasciare spazio a una retorica che, di fatto, mira a polarizzare il pensiero delle masse, annientando ogni senso critico.

Un orientamento del pensiero, che rischia non solo di andare in contrasto con gli antichi valori olimpici, ma anche di andare in contraddizione con esso stesso: la squalifica dell’atleta afghana Manizha Talash, nella gara di breaking, avvenuta per aver mostrato la scritta “Liberate le donne afghane”, è stata giudicata “politica”, in quanto viola l’articolo 50 del regolamento olimpico, che proibisce l’utilizzo di slogan per fare dichiarazioni di natura politica sui campi di gara.

Sorge dunque lecito domandarsi perché, altre questioni politiche (quali la vicenda della partecipazione di Israele), vengano invece accettate e non condannate; evidentemente, esistono questioni internazionali Serie A e di Serie B, decise da criteri che tutto hanno a che fare, meno che con lo sport.

Se Parigi 2024 ha regalato momenti di competizione preziosi, commoventi e conciliabili con riflessioni di vita, dall’altro, ha certamente dimostrato quanto, il pensiero originario della manifestazione e il lasciato che ne è conseguito per molteplici Edizioni, siano stati deturpati irreparabilmente.

 

 

 

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