L’ex granata Ferrarese sul calcio femminile: “Servono più investimenti e tempo, solo così si può migliorare”

TORINO –  Maurizio Ferrarese, ex calciatore di Torino (con il quale ha vinto un campionato di Serie B e una Coppa Italia), Alessandria e Vicenza, e attuale Responsabile Tecnico del Moncalieri Calcio femminile (Serie C), è intervenuto ai microfoni di Piemonte Sport per esprimere la sua opinione in merito al calcio femminile.

Perché, secondo lei, alcuni paesi europei sono più avanti ?

Al movimento italiano manca il vissuto: si cresce attraverso l’esperienza e nel nostro paese siamo partiti in ritardo nel crederci, altre nazioni sono più avanti perché hanno iniziato prima di noi a investire nel settore. Quello che ci vorrebbe davvero? Più forza economica, le ragazze sono riuscite a ottenere il professionismo solo nel 2022″.

Che cosa manca al calcio femminile italiano?

Attualmente, le calciatrici non possono permettersi di allenarsi 5/6 volte a settimana, poiché subentra il lavoro, che è necessario per mantenersi: il calcio non basta per vivere! Se tutte avessero la possibilità di allenarsi con la giusta frequenza, dedicando la loro vita interamente allo sport, si creerebbe una condizione in cui le ragazze, possono non solo allenarsi nel modo corretto, ma anche aumentare il proprio livello di gioco.

Se analizziamo bene la questione, i campionati di Serie B e Serie C, negli ultimi anni sono diventati sempre più competitivi: la motivazione è che vi sono squadre che possono permettersi di allenarsi a partire dalle 14:00, per altre società non è possibile, cause impegni di forza maggiore quale il lavoro. A fronte di queste situazioni, le ragazze devono adattarsi e fare enormi sacrifici, allenandosi alle 22:00 o chiedendo dei permessi per le trasferte”.

Il fattore tempo è la chiave?

“L’equazione è molto semplice e non richiede grosse analisi: più ci si allena, più si migliora; il campo parla una lingua semplice.  Non si pensi che per il calcio maschile la questione sia differente, la bravura personale è un fattore importante, ma la qualità di un giocatore è spesso correlata al tempo che dedica all’allenamento, alla preparazione e alla dedizione”.

Molti definiscono il calcio femminile troppo noioso, perché?

“Sempre per una questione di tempo! Le differenze ci sono, dettate dalla natura, ma se parliamo di sport è solo la frequenza della preparazione; i ragazzi, nel professionismo, hanno la possibilità di focalizzare la loro intera vita sul calcio. Se consideriamo i dilettanti, invece, anche il calcio maschile non è così divertente: non è una critica o una lotta maschi-femminile, semplicemente anche i ragazzi, a quel livello, non possono dedicare tutta la giornata ad allenarsi (ovviamente), e questo ne determina il livello, indipendente dalle qualità del singolo”.

E per il futuro?

“Il movimento si sta evolvendo, ed è sinonimo di un calcio che richiede prestazioni sempre più importanti; le grandi gare si raggiungono solo tramite il lavoro sul campo. A fronte di questo, sicuramente potrà crescere anche l’attenzione del pubblico, e dei relativi sponsor, che sarebbero più propensi a investire nelle società, partendo proprio dal dilettantismo. La strada intrapresa è positiva, le ragazze meritano di avere più spazio, per cui mi auguro che l’attenzione continui a crescere; il calcio deve essere di tutti, indipendentemente da sesso, religione o colore della pelle”.

 

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