No, la depressione non è un capriccio. No, chi soffre di depressione non è un debole. Un molle. Un viziato. Fortunatamente negli ultimi anni di affermazioni simili se ne sentono sempre meno, ma, ahinoi, non sono del tutto scomparse. La depressione, non si sa perché, in Italia è ancora un tabù. Eppure dalle indagini continue che l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) conduce emerge che il 6% nella popolazione adulta italiana riferisce sintomi depressivi, percentuale che sale al 9% tra gli anziani.
La depressione è una malattia e come tale va considerata. Eppure, ancora oggi la si vede come una debolezza, tanto da portare chi ne soffre (il 28% tra gli adulti e il 38% tra gli anziani) a non chiedere aiuto. Questo il più delle volte porta a conseguenze tragiche: in Europa, i disturbi mentali e comportamentali portano al 4,8% di suicidi. L’Italia occupa il 12esimo posto in questa speciale classifica. Numeri impressionanti e che ci portano ancora volta a dire quanto sopra: la depressione non è un capriccio.
Ad aiutare tutto questo ci ha pensato Daniel Pablo Osvaldo, ex giocatore di Roma, Juventus e Inter, oltreché della nazionale italiana, autore di una testimonianza da brividi. “Quello che voglio raccontare e condividere con voi è che sto facendo un trattamento psichiatrico”, ha raccontato. “Prendo medicine, ho una malattia specifica, perdita di autostima, depressione e molte volte torno alle mie dipendenze, cado nell’autodistruzione e praticamente vivo solo chiuso in casa, non vado da nessuna parte, non mi interessa alzarmi dal letto, uscire dalla mia camera, mangiare. Sono caduto in dipendenze molto brutte che hanno solo peggiorato la mia depressione, mi fa soffrire non aver voglia di condividere le cose con la mia famiglia, i miei figli”.
Osvaldo ha smosso qualcosa. Su internet la sua testimonianza è diventata virale ed è stata ripresa da pagine con milioni di followers. Questo sicuramente avrà un peso nella lotta allo stigma che circonda la depressione. Una malattia invisibile, capace di superare ogni sistema di sicurezza e di mandare in blackout anche la persona più raggiante. I segni della depressione a volte non sono visibili, altre volte sì e tutto questo deve far riflettere. Tutti. È arrivato il tempo di cambiare le regole del gioco. Non ci sono malattie di Serie A e malattie di Serie B. È arrivato il tempo di volerci bene, di aiutarci. È arrivato il tempo di esseri umani.