NICHELINO – Francesco Grandelli è un pugile professionista italiano. Ha detenuto per due volte il titolo nazionale dei pesi piuma tra il 2018 e il 2019. Il suo debutto da professionista è stato il 23 maggio 2015, quando ha ottenuto una vittoria ai punti su quattro round su Marco Iuculano al Pala Hilton Pharma di Ferrara. Da quel giorno sono arrivate una serie di soddisfazioni per il pugile piemontese: il 23 febbraio 2018 ha conquistato, al Teatro Tenda di Grugliasco, il titolo italiano vacante dei pesi piuma contro Emiliano Salvini. A Trento, il 10 ottobre 2019, ha vinto ai punti il match dell’International Silver Featherweight Championship W.B.C. contro l’inglese Reece Bellotti, ricevendo persino i complimenti di Roberto Durán “Manos de Piedra” che ha assistito al match. Ora è giunto il suo momento: il prossimo 16 dicembre sfiderà il temuto e imbattuto belga Voda per il titolo vacante europeo categoria Featherweight (diretta su Dazn e ESPN).
Francesco, questa lotta per il titolo europeo è il tuo traguardo finale o è solo l’inizio di un percorso che può guardare oltre?
Nello sport e soprattutto nella boxe bisogna procedere step by step prefiggendosi obiettivi sempre più alti. Sto bene fisicamente e mentalmente e cercherò di dare il massimo come sempre faccio e poi per il futuro si vedrà. Chissà, un mondiale? Intanto voglio ringraziare tutti coloro che sono al mio fianco in questo momento tanto importante quanto elettrizzante e gli sponsor che mi seguono: NoleggioPC, Tucciocostruzioni e L’aforisma.
La tua percezione nel mondo della boxe è cambiata in questi 15 anni di carriera?
Decisamente sì, se da un lato ci si prepara meglio in tutto, fisicamente negli allenamenti, mentalmente e tatticamente, vi è forse anche più meritocrazia che in passato. Anche se forse si pensa molto più all’immagine, alla pubblicità, a vendere il prodotto che all’aspetto sportivo.
Cosa spinge un ragazzo “nato ai bordi di periferia” e poi diventato uomo a praticare uno sport duro come la boxe?
Il superare il proprio limite, non mollare di fronte a qualsiasi difficoltà, cercare costantemente di migliorarsi, sfidando ogni giorno la propria capacità di soffrire per ottenere un risultato. Anche se è uno sport solitario (accerchiato da innumerevoli presenze determinanti) si combatte come una filosofia di vita che ti viene dal profondo.
Molti dicono che il pugilato sia uno sport violento, perché secondo te non è così?
Io insegno nella mia palestra tutti i giorni, e non insegno violenza, cerco di unire tecnica pugilistica e agganciandomi alla domanda precedente ad una filosofia di vita. Il percorso da seguire non è leggero ne accomodante. È fatto di sacrificio abnegazione e costanza. Non è il “prendersi a pugni” ma una ricerca fisica, mentale, psicologica su se stessi.