RIVOLI – Mauro Cennerazzo, atleta guida del progetto solidale e del ciclismo inclusivo, si è raccontato ai microfoni di News.Superscommesse. Protagonista di numerosi progetti in favore dell’inclusività, Cennerazzo ha raccontato della sua corsa al Giro d’Italia e dell’Ironman e ha spiegato nel dettaglio l’obiettivo del suo progetto, ossia combinare il ciclismo professionale alla disabilità. Insieme a Raffaele Scali sarà protagonista nella serata organizzata da Piemonte Sport In campo contro la violenza il prossimo 15 marzo.
Mauro, inizio con il chiederti: da dove nasce il tuo progetto che unisce il ciclismo al mondo della disabilità?
Il progetto è nato nel periodo del lockdown, pesavo 130 kg, volevo rimettermi in forma e ho pensato che non ce l’avrei mai fatta. Ho trovato la motivazione nelle persone più deboli: sui social ho preso contatti con il mondo della disabilità e della fragilità. Ho capito che i disabili hanno un approccio potente alla vita, una forma mentis che offre a noi atleti un connubio energetico.
Spiegaci da dove nasce il tuo progetto “Agonismo Solidale”.
Questo progetto nasce dalla passione che ho per l’endurance associata al volontariato. Tale connubio mi ha fatto credere fortemente che questo potesse unire lo sport ciclistico a una specifica tipologia di persone. E proprio da qui nasce “Agonismo Solidale”, di cui sono l’atleta guida.
Tu e il tuo gruppo avete un luogo dove ritrovarvi?
Attualmente la nostra sede operativa è un centro di nome “Don Puglisi” che si trova nella città di Rivoli, in provincia di Torino. L’associazione si occupa di ciclismo e corsa.
So che nella tua carriera hai fatto parte di un evento importante, il Giro d’Italia, accanto a Sara Rubatto. Come si è svolta questa esperienza?
Nel Giro d’Italia del 2021 sono stato accompagnato da Sara Rubatto, una donna cardiopatica. Abbiamo percorso il Giro seguiti da un furgone con attrezzatura per disabili. In ogni città mi allenavo con ragazzi disabili che avevo precedentemente contattato sui social e che non conoscevo di persona. Ho coinvolto tutte le istituzioni della città, per un totale di 50 luoghi diversi in 50 giorni. Sino ad arrivare alla gara più dura del mondo: l’Ironman. (…) Sono riuscito a sostenere quella gara grazie agli allenamenti condivisi con persone disabili.
Interessante la denominazione “Ciclismo Inclusivo”: spiegaci perché il tuo ciclismo prende questo nome definendolo “ampio”.
Il mio ciclismo inclusivo viene denominato ‘ampio’ perché abbraccia non solo il mondo delle persone con disabilità, ma anche persone che appartengono alle cosiddette fasce deboli della società, come bambini o anziani. L’obiettivo è che si crei un rapporto empatico, di scambio e maturazione psicologica.
Raccontaci del tuo prossimo progetto, che ancora non hai reso noto.
Grazie ad Agonismo Solidale testeremo un mezzo per il Carnevale 2024 per attività ludiche e ricreative insieme ai ragazzi dell’associazione. Per testare il mezzo che utilizzeremo faremo Torino-Andora in bici elettrica tandem insieme a persone con disabilità neurodegenerativa.