Tra provocazione e realtà. Il calcio ha tanti problemi. Il calcio dilettantistico ne ha ancora di più. Tra questi, però, c’è una vera e propria piaga, che, per chi scrive, è uno dei tanti motivi della perdita di fascino di questo sport. Quale? I genitori (tifosi) che vanno a vedere le partite dei propri figli. Facciamo un passo indietro e chiariamo: il target di riferimento è il calcio giovanile, il più bello e il più divertente, ma anche quello più importante a livello educativo, vista l’età dei ragazzi.
Siamo nel 2023, eppure quello che era uno stereotipo sta diventando sempre più una triste realtà. Stiamo parlando del pessimo ambiente che si respira nelle tribune dei campetti di periferia. Quello che, ripetiamo, è un luogo anche di crescita, sta diventando un luogo senza barriere, quasi da liberi tutti, dove mamme, papà e ragazzi si sentono in dovere di dire tutto quello che passa per la mente, talvolta insultando arbitri e giocatori (avversari, s’intende). Ed è un vero peccato.
Lo è soprattutto quando vedi un ragazzo, entrato da poco in campo, con la sua squadra sotto di quattro o cinque reti, sentirsi dire dal padre, presente sugli spalti, di non impegnarsi abbastanza con toni poco amichevoli. E capisci che qualcosa non va quando il giocatore risponde al papà, chiedendogli di stare in silenzio, quasi in lacrime.
Lo è soprattutto quando vedi arbitri giovani, che possono avere la stessa età dei 22 in campo, ricevere insulti da giovani madri, presenti in tribuna, si presume, per assistere la partita del proprio figlio. E capisci che qualcosa non va quando fissi gli sguardi dei direttori di gara, persi e intimoriti, quasi a chiedersi chi glielo ha fatto fare. E lo è soprattutto quando senti ragazzi, di 17-18-19 anni, arrivati sugli spalti poco prima della gara, architettare cori razzisti perché in campo c’è un ragazzo, della loro età, di colore. Oppure quando vedi genitori arrivare quasi (anche se molte volte ci arrivano eccome) alle mani, per non parlare di quello che si legge sul comunicato ufficiale il giovedì.
Tutto questo per cosa poi? Quanti di questi ragazzi arriveranno in Serie A? Forse uno, se va bene. No, fenomeni non ce ne sono e bisogna dirlo chiaramente. Qui non si parla neanche degli insulti che allenatori e presidenti si prendono con regolarità per scelte tecniche e societarie. Qui si parla di vera e propria maleducazione che si riflette automaticamente sui ragazzi, che molte volte si sfogano in campo o fuori.
Eppure i genitori che vengono a vedere i propri figli sono l’entrata più grande, a livello economico, delle società, che di fatto vivono con le partite del settore giovanile e della scuola calcio. Grazie ai ricavi del weekend si possono pagare parte delle bollette e mettere in sicurezza (o migliorare) le strutture e i campi da gioco. Pertanto vedere le tribune vuote, senza i genitori, è pura utopia, ma diciamocelo: siamo arrivati ad un punto di non ritorno.